Rassegna Stampa

Parlano di noi

 IL CERESIO

Una storia di amicizia e un progetto che corrono sul filo di lana.

Le luganesi Alessandra Spataro e Coty Jeronimus si sono conosciute in montagna diversi anni fa, ad un corso di arrampicata, dove i loro destini si sono intrecciati condividendo poi un viaggio in Mongolia, compiuto nel 2017. In Mongolia perché Alessandra da anni era già attiva in seno all’ONG luganese «La mensa e il gregge», membro della Fosit e presieduta da Matteo Bellinelli, impegnata dal 2004 in queste terre con progetti di sostegno agli allevatori nomadi, alle loro famiglie e ai giovani, con la costruzione di strutture scolastiche, l’assegnazione di borse di studio, e molte altre iniziative per fare fronte ai bisogni di questa popolazione.

In quell’occasione, raggiungendo le steppe della Mongolia, le due amiche sono entrate in contatto con decine di famiglie di allevatori nomadi che costituiscono quasi la metà dei nativi, tanto che la pastorizia è stata la principale fonte di reddito per il Paese per secoli, contribuendo in maniera importante alla sua crescita economica. Ma, negli ultimi anni, produttività e qualità del bestiame sono calate, sia per ragioni climatico-ambientali sia per lo sfruttamento estremo del territorio, dovuto anche alle capre da cashmire con un abuso degli spazi dedicati alla pastorizia. Anche le regole del mercato sono mutate con la democratizzazione del Paese e la globalizzazione. Da alcuni anni, inoltre, a cadenza regolare i pastori mongoli organizzano azioni di protesta a difesa dei propri diritti e della terra natale, a causa della distruzione dell’ambiente dovuta alle miniere di carbone gestite dalle autorità cinesi che vogliono soprattutto sfruttare le ricche risorse minerarie, specie il carbone, danneggiando i pascoli con giacimenti e industrie e causando l’inquinamento del suolo, dell’aria e delle acque. Oltre ai problemi di inquinamento ambientale, per la Mongolia si tratta anche di diversificare la propria economia, riducendo la povertà e offrendo opportunità lavorative eque e bilanciate sia nelle aree urbane sia nelle aree rurali. Ecco che le due luganesi Alessandra e Coty hanno fatto la loro parte, a tutela della fragile economia dei nomadi del deserto, creando un marchio di matasse di lana pregiata presentato per la prima volta a Lugano sul finire dello scorso anno al negozio Yarnshop di Gabi Fontana, situato in via Ciseri 2, dove si trovano filati e accessori per fare a maglia e a uncinetto provenienti da tutto il mondo. Si chiama «Nomad Noos» e «noos», nella lingua mongola, significa «lana». Proprio per la filosofia del suo negozio Gabi ha subito accolto favorevolmente la proposta di fare da tramite per la vendita di queste matasse di lana pregiata che raccontano l’incontro tra tre mondi: Ticino, Mongolia e Nepal. «Centra anche il Nepal perché la lana degli yak, l’animale che vive tra praterie di quota e steppe, viene lavata, cardata e spedita in Nepal per la filatura manuale, perché al momento in Mongolia non sono in grado di svolgere questo lavoro. Qui, all’interno di un atelier sociale, lavorano cinque donne bisognose di aiuto che – attraverso un minuzioso lavoro di filatura – riescono ad esaltare al massimo le proprietà naturali di questa lana che viene poi spedita direttamente in Svizzera», racconta Alessandra. Proprio per dare importanza a questo lavoro di filatura e alla filiera di produzione, Alessandra e Coty hanno deciso di ven
dere ogni matassa con un cartellino che indichi esattamente il percorso compiuto dalla materia prima, proveniente dalla Mongolia e lavorata in Nepal, con tanto di foto di chi ha filato la lana. «Queste matasse vengono realizzate dalla materia prima ricavata da yak, cammelli e pecore che pascolano liberamente in Mongolia, accuditi dai nomadi che da secoli vivono a stretto contatto con la natura. Le donne che filano a mano in Nepal questa lana possono contare su un lavoro garantito e su uno stipendio equo», le fa eco Coty. Il risultato è un prodotto unico che ha come obiettivo quello di assicurare un futuro migliore a chi lavora per realizzare questo progetto, nel pieno rispetto della natura e degli animali. Chi compra un gomitolo «Nomad Noos» – anche dal sito www.nomadnoos.com – compie un gesto socialmente utile: entra in contatto con una storia, con un mondo unico e con una materia prima preziosa. Coty Jeronimus e Alessandra Spataro, idea trici di questo progetto, oltre a
condividere la loro passione per queste terre lontane, sono consapevoli che «anche un gomitolo di lana può cambiare una vita» e la loro forte motivazione nasce proprio da questa convinzione.

RIVISTA DI LUGANO

Gomitoli che raccontano storie

NOMAD NOOS E’ UN PROGETTO PENSATO IN TICINO, CHE NASCE NELLA STEPPA DELLA MONGOLIA E SI SVILUPPA IN ATELIER DEL NEPAL. UN’INIZIATIVA CHE E’ AL TEMPO STESSO SOCIALE, AMBIENTALE E COMMERCIALE. CE LA PRESENTANO LE PROMOTRICI ALESSANDRA SPATARO E COTY JERONIMUS. SI SONO CONOSCIUTE TRE ANNI FA SULLE PENDICI DEI DENTI DELLA VECCHIA DURANTE UN CORSO DI ARRAMPICATA. TRA UNA CHIACCHIERA E L’ALTRA SCOPRONO AFFINITA’, SENSIBILITA’ SIMILI. E IL DISCORSO SI SPINGE FINO IN ASIA….

Alessandra Spataro è una giornalista alla Rsi. “Dopo la laurea, nel 2004 sono partita per la Mongolia, Paese che mi affascinava sin dalle elementari quando ho sfogliato un libro: i nomadi, le steppe, gli spazi, i cavalli… Tutti aspetti che mi hanno fatto sognare. Poi ho toccato con mano uan realtà certo difficile, contraddittoria, ma meravigliosa, e sono entrata in contatto con La mensa e il gregge, ong ticinese che da oltre 12 anni promuove una serie di prpgetti: sostegno a giovani allevatori, costruzione di scuole, assegnazione di borse di studio e altro. C’e chi ha il mal d’aAfrica, io ho il mal d’Asia…“. Coty Jeronimus è olandese d’origine e dopo alcuni decenni vissuti in Francia si è trasferita in Ticino nel 2012. Ha una solida esperienza professionale nell’industria tessile che, tra le altre cose, l’ha portata a collaborare con Kam for Sud (ong di casa nostra presente in Nepal) nella creazione di prodotti e accessori. “Viaggiando spesso laggiu, mi sono resa conto che l’artigiano legato al tessile è piuttosto sviluppato, nonostante la materia prima locale non sia di qualità, tant’è vero che viene importata dalla Cina. E la Cina l’acquista dalla Mongolia…“.

Sui Denti della Vecchia. Tra un’arrampicata e l’altra sui Denti della Vecchia, le due donne parlano anche di queste esperienze asiatiche, decidendo di impegnarsi in prima persona in un progetto che non si limitasse all’aiuto, alla carità, quanto piuttosto che fosse legato alla creazione di posti di lavoro, alla garanzia di un introito duraturo per i partner. Affinchè un gomitolo di lana potesse cambiare la vita delle persone coinvolte. “Nel novembre del 2017 – raccontano Alessandra e Coty –  siamo andate insieme in Mongolia, dove abbiamo incontrato la console svizzera, la ticinese Gabriella Spirli. Tra le altre cose ci ha parlato del progetto Green Gold a favore della popolazione nomade, sostenuto dalla Confederazione. Siamo dunque entrate in contatto con queste comunità, abbaimo visto come vivono, in che modo allevano gli animali, la qualità della lana, ecc…”. Nell’ autunno scorso nasce Nomad Noos (“noos” nella lingua mongola significa “lana”). L’idea iniziale era quella di fare tutto in Mongolia, invece per vari motivi non è stato possibile. “Le condizioni di vita sono veramente difficile. Il cibo generalmente non manca, ma vivere nelle tende, tra l’altro sprovviste di servizi igienici, anche durante i rigidi inverni, accudire enormi greggi, occuparsi della famiglia e dei figli non è evidente. Affidare a queste donne la filatura della lana ci è parso complicato anzitutto a livello igienico – tra polvere, terra e palta – quando invece il nostro progetto, per funzionare davvero ed emergere in un mercato altamente concorrenziale, ha assoluto bisogno di un prodotto di latà qualità“. Ecco allora far capolino il Nepal, “dove come detto la materia prima è di scarso livello ma esistono strutture – atelier – e manodopera che conosce il mestiere e opera in ambienti puliti e sani“. […]

INFORMAZIONE CAS TICINO

NOMAD NOOS, La Mongolia in casa.

Soffici gomitoli di lana di yak, cammello e pecora shatul arrivano in Ticino. È un progetto pensato per aiutare i nomadi, dare lavoro a donne bisognose nel pieno rispetto dell’uomo, dell’animale e dell’ambiente. Spazi sconfinati, animali che pascolano senza recinti e nomadi che da secoli vivono a stretto contatto con la natura. La Mongolia è un paese meraviglioso, lasciatecelo dire. Sì, certo, con molte contraddizioni, perché la capitale Ulan Bator (ci vive la metà della popolazione totale del paese, circa 1,5 milioni di persone) ormai è diventata una città quasi invivibile per il traffico, l’inquinamento, la sua cintura di povertà in periferia, per la corruzione che avvelena il suo Governo. Ma poi nella steppa tutto cambia. I paesaggi immensi fanno dimenticare i rumori e gli odori delle industrie di carbone. La steppa è un altro mondo, dove l’uomo si fa piccolo e si adegua alle stagioni, ai venti persistenti, agli inverni rigidissimi e alle corte estati dove tutto riprende vita.

nomadnoos-CAS Ticino

Il progetto Nomad Noos nasce in questo contesto. Da una parte dalla voglia di condividere questomondo incontaminato, dall’altra dal desiderio di aiutare in maniera consapevole chi ha bisogno. La lana ci è subito sembrata la materia più adatta al nostro scopo. Per due anni siamo state in Mongolia per conoscere i nomadi che allevano e accudiscono gli animali che ci avrebbero fornito la lana: parliamo di yak, pecore e cammelli. Niente capre da cachemire (27 milioni di capi), che si trovano ovunque nella steppa e che la stanno praticamente distruggendo. Non per colpa loro, ovviamente. Ma per un business chevede nella lana di cachemire l’eccellenza e che spinge i nomadi ad avere greggi sempre più numerose. Animali che calpestano e strappano la già poca erba a disposizione e che contribuiscono, con i cambiamenti climatici, all’avanzata del deserto. Animali ecosostenibili, lane ecosostenibili Yak, cammelli e pecore invece brucano senza strappare l’erba e le loro zampe non scavano solchi nel terreno. Sono animali considerati ecosostenibili. Per il nostro social business ci siamo appoggiate al progetto svizzero “Green Gold”: rea-lizzato dalla Direzione dello sviluppo e della cooperazione è pensato per i nomadi, per una migliore gestione dei pascolie per incentivare l’allevamento di animali come lo yak. Abbiamo poi deciso che la formazione dei gomitoli di lana sarebbe avvenuta manualmente, insomma filandola come facevano le nostre nonne. Abbiamo quindi conosciuto Ayushe Mendjargal, due donne molto competenti e capaci di realizzare i primi prototipi.

Nomad Noos infatti ha lo scopo di dare lavoro a donne bisognose, che pagate in modo equo, possano contare su un guadagno supplementare per le loro famiglie. Siamo agli inizi, il progetto sta prendendo forma anche attraverso l’aiuto ricevuto in Nepal, dove abbiamo potuto trovare altrettante persone competenti che ci hanno aiutato a stampare il nostro logo realizzato da Cristina Vanza, ideare le etichette per i gomitoli e altre ragazze bisognose capaci di filare la lana. È un progetto a cui crediamo molto e che ha lo scopo di farestar bene chi ci lavora e chi avrà voglia di sferruzzare. Le lane che abbiamo realizzato sono morbide, molto calde eideali per confezionare sciarpe, berretti, guanti e calze pergite o avventure all’aria aperta. D’altronde fare maglia è un po’ come fare yoga…

20 MINUTI

Il loro viaggio è valsa la pena.

LUGANO/ULAN BATOR. Due ticinesi nelle steppe della Mongolia. Ne è nato un preogetto che sta dando lavoro a dieci famiglie nomadi. Si sono conosciute sulle montagne ticinesi, durante una passeggiata del Cas. Non lo immaginavano: ma il viaggio di Alessandra Spataro e Coty Jeronimus doveva portarle molto piu lontano. “L’idea è nata poco a poco. Mettendo insieme le nostre passioni” raccontano.

Entrambe del Luganese – giornalista una, consulente ed esperta di moda sostenibile l’altra – sono arrivate fino alle steppe della Mongolia e sulle vette himalayane. Viaggiando nel deserto del Gobi hanno conosciuto uan decina di famiglie di allevatori nomadi, e hanno lanciato un progetto (Nomadnoos.com) per commercializzzarne la lana a prezzi equi. Dalla capitale mongola Ulan Bator al Ticino.  Passando per il Nepal. “Volevamo creare qualcosa che avesse un forte impatto sociale” racconta Alessandra, che la Mongolia l’ha scoperta – e amata – come volontaria dell’associazione “La Mensa e il gregge” di Origlio. “L’ economia dei nomadi del deserto è quanto mai fragile, sopravvive nella morsa dei commercianti cinesi, sotto la pressione della globalizzazione”. La lana degli yak, delle pecore e dei cammelli, cardata e spedita in Nepal per la filatura a mano, perchè “in Mongola per ora manca la formazione necessaria”. A Katmandu viene lavorata “da cinque donne bisognose d’aiuto, all’interno di un atelier sociale”. Di qui l’ultimo volo fino a Lugano, in un negozio specializzato in lane pregiate (appuntamento l’8 novembre, Yarn Shop, per la presentazione). Il primo carico: 220 gomitoli. “Su ognuno viene indicato il percorso, e una foto di chi l’ha lavorato. Ci teniamo che si sappia esattamente da dove vengono i prodotti” spiegano le due socie. Per ora lavorano nei ritagli di tempo, e senza stipendio. “Crediamo molto in quello che facciamo. E speriamo di trovare altre persone che ci credano altrettanto”.